Arturo "Thunder" Gatti (1972-2009)

{joomplu:2874 left}Il 2009 è un anno maledetto per il pugilato, dopo Giovanni Parisi e Alexis Arguello, il mondo della boxe piange un’altra icona. L’ex campione del mondo dei Leggeri Jr. e dei Welter Jr. Arturo Gatti è scomparso in circostanze misteriose e delittuose l’altro giorno a Pernambuco, in Brasile. Pochi pugili della storia contemporanea della boxe possono vantare un’universalità di consensi come il fighter italo-canadese votato e considerato da moltissimi esperti e semplici appassionati come uno dei più spettacolari ed eccitanti pugili all-time.

Arturo Gatti, calabrese trapiantato a Montreal, nasce il 15 aprile 1972 ed abbraccia la nobile arte in giovane età, seguendo il fratello maggiore Joe. Già da teen-ager la sua ‘garra’ combattiva e il suo spirito guerriero emergono sui ring ‘Nordiques’ del Quebec. Ben presto arriva la chiamata della nazionale Canadese, che in preparazione alle Olimpiadi del 1992 a Barcellona inserisce il giovane Arturo nel team dei possibili olimpici. Inaspettatamente però nel 1991, Gatti getta maglietta e casco alle ortiche e sceglie la via professionistica, trasferendosi nel New Jersey e, nel giro di tre anni, diventa una vedetta dei ring della Costa Atlantica, dove a parte un paio di sortite su ring olandesi, il giovane guerriero svolge la prima parte di carriera.

{joomplu:2876 left}Il suo modo di combattere, il furore agonistico e la spettacolarità del suo stile ne fanno rapidamente uno show-stopper appetito dai principali network nordamericani. La spunta la HBO, che mette sotto contratto il guerriero italo-canadese. Qui nasce la parte di carriera da leggenda di Arturo: ogni suo match è sangue e arena, la sua aggressività straripante compensa alcune lacune tecnico-tattiche evidenti, il suo cuore e il suo coraggio conquistano uno stuolo numerosissimo di appassionati ed a livello mediatico alla fine degli anni 90 pochi pugili vantano negli States una popolarità maggiore del ‘Thunder’. Nel suo Dna non esiste il rifiuto a battersi ed i nomi nel palmares si susseguono come ‘campagne Napoleoniche’: Josè Sanabria, Wilson Rodriguez, Tracy Patterson, Calvin Grove e Gabriel Ruelas, sono tutte battaglie all’ultimo colpo con gli spettatori in visibilio.

Pur consumandosi in maniera esagerata (i suoi fine match sono ricchi di punti di sutura) Gatti riesce sempre a venire a capo anche delle situazioni più difficili e diventa titolare iridato IBF. Memorabili le sue ‘resurrezioni’ dopo atterramenti, ferite e serie terribili di colpi subiti. Il 1997 porta anche ad Arturo il primo Award come protagonista di un ‘Fight of the Year’. Come tutti i pugili che si spremono fisicamente e psichicamente, anche Gatti accusa problemi fisici, le sue azzardate tattiche e la sua noncuranza difensiva vengono a galla prepotentemente nel 1998 con tre sconfitte durissime, tutte di seguito, con Angel Manfredy e due con Ivan Robinson (uno è ‘Fight of the Year 1998’). A venticinque anni sembra per Gatti in arrivo la parabola discendente.

{joomplu:2883 left}Arturo, però, come tutti i cuori impavidi, riparte da zero, dopo una vittoria controversa e dai contorni foschi contro Joey Gamache, messo knock-out da un Gatti molto più pesante. Con le polemiche sorte attorno a questo contest (Gamache resta in coma un giorno) che portano le varie commissioni a rivedere i criteri di pesatura, cominciando a mettere dei paletti ben definiti, su differenze e modalità di pesatura, si batte al limite dei ‘welter’ contro Oscar De La Hoya, che lo malmena per cinque riprese, con l’arbitro e l’angolo che fermano un Gatti che non ne vuole sapere di fermarsi, nonostante sia pesto e ferito.

Dopo uno stop lungo per le sue abitudini, Gatti sceglie saggiamente di tornare ad un peso più sostenibile e da welter jr diventa protagonista con Micky Ward (il clone irlandese-yankee di Gatti) di tre match da sogno. Poche trilogie nella storia della boxe hanno raggiunto l’intensità, l’ardore e l’epopea di questa. Micky e Arturo in trenta riprese combattute si massacrano di colpi senza fare un passo all’indietro. Due di questi match, il secondo e il terzo, sono gli ennesimi ‘Fight of the Year’ con protagonista Gatti che vince questa particolare ‘death series’ per 2 a 1. Diventa, nel match successivo alla triade di contest contro Ward, campione iridato WBC il Gennaio 2004 sul ring amico di Atlantic City, battendo il nostro Gianluca Branco, che forse un po’ in soggezione non ha osato il necessario per venire a capo di un Gatti sicuramente non al meglio e stranamente poco aggressivo.

{joomplu:2875 left}Di altra pasta il Gatti che spedisce knock-out prima Leo Dorin e poi Jesse Lejia, senza poi lanciarsi in assalti sconsiderati, merito anche del trainer Buddy McGirt. La categoria dei welter junior è ricca di superstar ed una di queste, il poco simpatico Floyd Mayweather Junior, lo strapazza nel 2005 per sei riprese. Anche qui, come in passato, è il corner che ferma l’italo-canadese che, cocciuto come un mulo, rifiuta di smettere, benché segnato e sanguinante.

Ormai la carriera è al lumicino e, dopo un ottimo match contro il danese Damgaard, giunge la possibilità WBC nei pesi welter. E’ però troppo coriaceo e duro l’argentino Baldomir, solido di mascella e rude nei colpi. Stavolta Gatti prende tante botte, troppe, ormai in parabola discendente diventa preda facile. La sua difesa non è mai stata un atout ed ora che l’età è avanzata con tutte le battaglie fatte, sarebbe saggio ritirarsi, come gli viene consigliato da più parti.

Ma il testone di Montreal non vuole mollare, lascia McGirt e si lega come trainer al vecchio avversario Micky Ward. Quando però la campana suona, non serve ricreare miscele strane, il tempo è un avversario inarrestabile: l’ultimo match, il 14 Luglio 2007 contro Alfonso Gomez, è una sofferenza. Gatti patisce una discreta punizione da un avversario di mediocre livello e chiude con una sconfitta che con un po’ di equilibrio non ci sarebbe stata.

{joomplu:2880 left}Tutti quelli che hanno amato Arturo Gatti, sono rimasti di sasso alla notizia della sua morte, violenta per giunta. Noi abbiamo voluto solo ripercorrere le tappe fondamentali della carriera di un grandissimo combattente, che ha insegnato a molti, dimostrandolo sul ring, che il cuore, il coraggio e la determinazione possono portare in vetta chiunque. Lasciamo agli organi competenti l’onere di scoprire e condannare i colpevoli di questa barbaria. Di sicuro, chi l’ha visto in azione anche solo una volta, difficilmente lo dimenticherà.

Quando poi provate un po’ di fastidio nel vedere match, anche titolati, assomiglianti di più ad una partita di scacchi od a un incontro di lotta libera, mettete su un DVD con un match di Arturo, sicuramente vi riconcilierete con il pugilato….

“The heroes are remembered, but the legends never die!!”

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