Roy Jones Jr domina Lacy e aspetta Green.

{joomplu:3210 left}Al Coast Coliseum di Biloxi, in Mississippi (USA), Roy Jones Jr (54-5-0 | 40 KO- nella foto fightnews.com) si è imposto per ritiro al decimo round su Jeff “Left Hook” Lacy (25-3-0 | 17 KO) facendo suo il titolo nordamericano dei mediomassimi versione WBO. Nel sottoclou, perentoria vittoria (KO al 5 round) per Danny “Green Machine” Green (27-3-0 | 24 KO) sul malcapitato argentino Julio Cesar “La Furia” Dominguez (20-5-1 | 14 KO). Green si candida così a prossimo avversario del “Fulmine di Pensacola”.

In molti, dopo l’ennesima prestazione incolore del talentuoso Roy contro l’italo-gallese Calzaghe, avevano sperato che il fuoriclasse di Pensacola optasse per un saggio ritiro per non macchiare ulteriormente il proprio record ora che il fisico, complici i quarant’anni compiuti, non gli consente più il rendimento dei giorni migliori.

Ma Roy Jones ha sempre fatto di testa sua a eccezione forse di quando il padre, con il quale ha alternato momenti di forte contrasto ad altri di ritrovata complicità, riuscì a convincerlo a rinunciare al possibile match con l’allora neo-campione dei pesi massimi, James “Buster” Douglas, fresco vincitore di Tyson. L’impresa di diventare campione nella categoria regina fu così rimandata e portata a compimento contro il meno pericoloso John Ruiz.

Stavolta Roy non vuol dar retta a nessuno, si sente in forma e competitivo ai massimi livelli e così, dopo aver sistemato la pratica Sheika, rieccolo sul ring a fronteggiare Jeff “Left Hook” Lacy, pugile dalla carriera densa di punti interrogativi e divisa in due metà dalle sfumature opposte: prima parte spumeggiante, tante vittorie, molte per KO, grande aggressività e invidiabile repertorio di colpi che lo portarono al match titolato in Galles dove moltissimi lo davano vincente con l’imbattuto Joe Calzaghe. Da quella durissima lezione patita (è difficile trovare manciate di secondi vinte dal coloured americano quella sera) Lacy non è stato più lui: operazione alla spalla, salto di categoria e prestazioni sul ring che non hanno più convinto. Quella di sabato sera non fa eccezione.

C’è poco da salvare di quanto fatto vedere da “Left Hook” al cospetto di sua maestà Jones: qualche accelerazione in avvio, qualche colpo isolato in particolare nel sesto round e poco altro. Per il resto una costante pressione confusa e una totale mancanza di idee hanno contraddistinto una performance tristemente scadente. I meriti di Jones ci sono tutti, guai a non riconoscerli; il lupo perde il pelo ma non il vizio e Jones non ha certo perso la sua classe. Il suo match è stato intelligente e accorto: tattica attendista, grande concentrazione in fase difensiva e splendide combinazioni di colpi portate con sorprendente velocità hanno mandato Jeff nel pallone demolendo ogni sua certezza round dopo round. La voglia di provocare, nonostante le derisioni di Calzaghe siano ancora vive nella mente degli appassionati, è anch’essa intatta e così è stato possibile tornare ad ammirare Roy mentre esegue i suoi balletti caratteristici, parla con il pubbico (forse con Green), gesticola con una mano mentre con l’altra picchia Lacy, insomma il classico repertorio del Roy Jones di una volta. Tali comportamenti hanno sempre generato aspri dibattiti tra gli appassionati: spettacolo ulteriore o mancanza di rispetto? Tattica vincente o derisione gratuita? Ognuno si farà la propria opinione in merito, ma se da un lato ho sempre difeso gli atteggiamenti istrionici sul quadrato, a partire da quelli dei grandissimi Alì e Leonard, capaci di prendere in giro i mostri sacri del loro tempo traendone vantaggio, dall’altro sabato sera vedere Roy sbeffeggiare un Lacy ormai ridotto allo stremo, confuso, prossimo alla resa, visibilmente inferiore in ogni fondamentale, mi ha messo un pò di tristezza.

Saggia la decisione dell’angolo di “Left Hook” al termine del decimo round. Il picchiatore nato e residente in Florida infatti, ha sbandato pesantemente già nella nona frazione per poi accusare visibilmente un destro d’incontro nella decima: in entrambi i casi è indietreggiato verso le corde sospendendo lo sterile attacco portato avanti fin dai primi minuti del contest, con la palese espressione in volto di chi non ne può più.

Ciò che Jones può dare ancora alla categoria e alla boxe in generale è difficile da stabilire. Prestazioni come quella di sabato notte mandano ancora in visibilio i suoi tifosi e risultano piacevoli da ammirare per qualsiasi appassionato di pugilato. La sensazione comunque è che l’entourage del campione statunitense dovrà scegliere con cura gli avversari da porgli di fronte, poichè i big name della categoria difficilmente cadrebbero nella trappola anti-Lacy e con un match fatto di rapidi rientri e pressione costante “ragionata” rischierebbero di bissare il dominio già messo in mostra da Calzaghe a novembre.

Il Jeff Lacy attuale non è all’altezza di misurarsi con i migliori. Prima lo capiranno lui e il suo staff e meglio sarà per l’atleta che sfruttando una certa popolarità e una prima parte di carriera molto positiva rischia ora di diventare un collaudatore di lusso pronto ad arricchire il record dell’affermato boxeur di turno.

{joomplu:3233 left}Passando al sottoclou, c’era notevole curiosità intorno al match dell’australiano Danny Green, se non altro perchè il picchiatore di Perth (Australia Occidentale) salvo clamorosi ripensamenti dell’ultim’ora sarà il prossimo avversario di Roy Jones Jr.

Curiosamente, nonostante il titolo in palio (talmente insignificante da non meritare di essere nominato) fosse relativo ai massimi leggeri, tanto Green, quanto il suo avversario, il campione sudamericano Dominguez, si sono presentati alla bilancia facendo resgistrare un peso di circa 82 chili, ovvero ben al di sotto del limite consentito che si aggira intorno ai 90.

La superiorità di Green è stata palese fin dall’inizio. Danny, apparso fisicamente tiratissimo, ha dettato legge con il suo jab mantenendo costantemente il centro del ring e mettendo in apprensione l’avversario con pesanti ma sporadiche combinazioni a due mani che spesso e volentieri si chiudevano con montanti sinistri al fegato di pregevole fattura. L’argentino, in leggero sovrappeso, ha stentato a trovare le giuste contromisure e ha tentato quindi di rispondere colpo su colpo pur senza avere la potenza necessaria per impensierire Green. L’esito di tale tattica coraggiosa è stato però nefasto. Dopo aver subito un conteggio in piedi nel corso del primo round su un micidiale destro d’incontro, Dominguez è andato incontro a una punizione via via sempre più severa fino allo stop decretato dall’arbitro, il signor Fred Steinwinder, a pochi secondi dalla fine della quinta ripresa, dopo due atterramenti consecutivi. La decisione del refree tra l’altro è arrivata mentre l’angolo di Dominguez saliva sul ring per chiedere l’interruzione.

Se da un lato dunque la potenza della “Macchina Verde” resta quella di sempre e le bordate dell’oceanico incutono un certo timore, dall’altro la sua impostazione difensiva è sembrata persino peggiorata rispetto a quando combatteva da supermedio e contendeva, senza successo, la palma di miglior australiano a Anthony Mundine. I colpi di Dominguez difatti erano privi del giusto pepe, ma Green ne ha presi fin troppi in pieno volto per non destare qualche perplessità in vista del big contest che a quanto pare lo vedrà (co-)protagonista a breve…

 

 

 

 

 


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